Più resiliente e più forte in termini di redditività con una situazione debitoria più sostenibile rispetto agli anni passati. Ecco il profilo dell’industria manifatturiera italiana che emergeva, ancora pochi mesi fa, dal Rapporto Analisi dei Settori industriali realizzato da Intesa San Paolo e Prometeia: un settore destinato a crescere dell’1,3 per cento medio nel biennio 2020-2021, con un modesto +0,2% nel 2019.
La manifattura italiana, è questo un aspetto molto significativo, rafforza le sue posizioni sui mercati esteri, riuscendo ad esportare in misura sempre maggiore: una “vocazione internazionale” salita al 48 per cento con un avanzo commerciale con l’estero di 93 miliardi di euro nel 2019.
Uno scenario positivo cui fa da contraltare, si sottolinea nel rapporto, la scarsa entità degli investimenti degli ultimi due anni; senza un efficace ammodernamento della struttura produttiva sarà difficile mantenere la stessa efficacia.
Come evolve il manifatturiero
Richieste del mercato in continua e rapida evoluzione e la situazione incerta dell’economia globale hanno spinto le aziende ad orientarsi sempre più verso la trasformazione digitale, inaugurando una nuova era della manifattura. Ogni fase del ciclo di produzione, dalle prime fasi di progettazione e sviluppo fino alle attività organizzative e alla distribuzione, è permeata dal digitale. La tecnologia aiuta i dipendenti ad essere più collaborativi e a lavorare in mobilità, mentre partner, fornitori e distributori sono meglio integrati e informati. Efficienza operativa, ottimizzazione della supply chain, automazione della catena di montaggio e del controllo di processo, migliore conoscenza dei clienti, introduzione sul mercato di nuovi prodotti in tempi più rapidi: i vantaggi portati in dote dall’approccio “Industria 4.0” sono molti e sicuramente aiutano questo comparto ad assicurarsi un futuro.
La crescente dipendenza dal digitale genera la necessità di possedere un’infrastruttura IT capace di assicurare la continuità del business. Tuttavia, le dimensioni e la complessità del digitale nella manifattura la rendono una sfida particolarmente impegnativa per i team IT. La crescita dei dati presenta di per sé potenziali insidie, dalla determinazione del luogo e delle modalità di memorizzazione, alla garanzia di u’’adeguata protezione e di un rapido recupero in caso di disastro. I cyber attacchi sono sempre più prolifici e sofisticati e poi, il crescente utilizzo di dispositivi connessi e l’Internet delle cose creano ulteriori punti di accesso da gestire, monitorare e rendere sicuri, a maggior ragione se i dipendenti utilizzano i propri dispositivi non autorizzati sul posto di lavoro (dello Shadow IoT se ne parla in un articolo su Internet4Things Shadow IoT: una nuova fonte di minacce per la sicurezza delle aziende). Anche la vecchia tecnologia di backup può rappresentare un serio ostacolo.
A queste pressioni, si aggiunge il fatto che l’accesso ininterrotto ad apparecchiature, applicazioni, dati e processi è vitale per le aziende manifatturiere. Di conseguenza, qualsiasi interruzione (anche nella misura di qualche millesimo di secondo) dell’attività IT può essere dannosa, causare gravi danni economici e avere effetti negativi sul morale del personale, sulla fidelizzazione dei clienti e sulla reputazione dell’azienda. Infine, l’80% dei decision maker IT soffre di un availability gap, ossia un divario tra il tempo che impiegano i team IT a ripristinare le applicazioni e il tempo in cui le applicazioni dovrebbero essere effettivamente ripristinate. Ciò si traduce in costi totali di 21,8 milioni di dollari all’anno. In un settore in cui le operazioni da mantenere attive continuamente risultano critiche, la business continuity deve diventare un elemento imprescindibile.
La responsabilità dell’IT nell’assicurare la continuità operativa
Ai team IT si richiede di creare una base affidabile per la gestione intelligente dei dati a supporto dei propri sistemi digitali.
I team IT devono sviluppare una strategia che protegga ogni attività aziendale critica lungo la supply chain, senza influire negativamente sulle esperienze dei dipendenti o dei partner. Una volta che il piano e i relativi sistemi sono messi in atto, le prove di stress vengono eseguite regolarmente per identificare eventuali punti di debolezza prima che si verifichi una catastrofe.
I team devono garantire la disponibilità dei dati e delle applicazioni, devono garantire il monitoraggio di sistemi e applicazioni, così da anticipare e affrontare i potenziali problemi prima che influiscano sulle operation. Analogamente, la visibilità end-to-end per le macchine fisiche e virtuali aiuta a prevenire possibili guasti di qualsiasi tipo di applicazione o sistema. Avere un quadro chiaro degli eventi può anche far risparmiare il tempo e il denaro necessari per soddisfare i requisiti di conformità.
Manifatturiero 4.0 in Italia: Industria 4.0 in crescita, IIoT in testa
Sono indicazioni che le aziende sembrano recepire, per lo meno stando a quanto emerge sai risultati della quinta edizione della ricerca dell’Osservatorio Industria 4.0 della School of Management del Politecnico di Milano (su Internet4Things trovate il servizio dedicato Un anno “sontuoso” per l’Industria 4.0 In Italia, ma ora si punta sulle nuove smart technologies): il 2018 si è confermato un anno significativo per l’Industria 4.0 in Italia, tanto da definirlo “sontuoso”, con una crescita del 35 per cento a 3,2 miliardi di euro, cui si aggiungono 700 milioni di Indotto, grazie anche e soprattutto al fatto che sono stati chiusi e fatturati progetti avviati nel corso dell’anno precedente. Oggi i primi progetti stanno arrivando a termine e gli imprenditori cominciano a capire che dai dati ottengono benefici e non solo portano a compimento quanto iniziato, ma cominciano ad ampliarne la portata. Si è passati da progetti pilota e POC a progetti che comportano lo spostamento dell’intero shop floor verso il digitale, da processi workload driven a progetti data driven.
Nelle imprese che hanno progetti in campo da almeno 12 mesi, i benefici si misurano in una maggiore flessibilità della produzione, in un incremento della produttività e nella riduzione dei tempi di progettazione. Un ulteriore indicatore della crescita in atto lo si ritrova nello scenario applicativo: sempre più processi e persone entrano in contatto con il digitale, tanto che al quarto anno di rilevazione di questo specifico parametro, la media passa da 2 a 4 applicazioni per azienda, con un 50 per cento delle imprese che dichiara di averne aumentato il numero nell’ultimo anno.
Una ripartizione per voci di spesa assegna all’Industrial IoT con i suoi 1,9 miliardi di euro, la parte del leone, seguita da Industrial Analytics e Cloud Manufacturing, rispettivamente a 530 e 270 milioni di euro. L’Advanced Automation cresce del 10 per cento a 160 milioni di euro, la Human Machine Integration Avanzata cresce a sua volta del 50 per cento a 45 milioni, mentre si fa strada e in modo significativo tutto il mondo dell’Additive Manufacturing che cuba qualcosa come 70 milioni di euro. Consulenza e formazione hanno un andamento più stabile rispetto alle altre voci del comparto, ma portano comunque un valore di 220 milioni di euro, in crescita del 10 per cento anno su anno.
Una nuova maturità negli investimenti
Il 2019 potrebbe portare con sé risultati meno brillanti dell’anno appena trascorso, ma si prospetta una nuova maturità degli investimenti. L’Industrial IoT resta la grande area di investimento prevista per il prossimo biennio, sia nelle grandi imprese, che nelle PMI, seguita da Analytics, HMI (Human Machine Interface), Automazione e Cloud. Se si guarda a una prospettiva temporale più ampia, dai 3 ai 5 anni, gli scostamenti tra le due tipologie di imprese si fanno più marcate: mentre le PMI restano ancorate agli investimenti più tradizionali, le grandi imprese collocano ai primi posti del loro scenario futuro Intelligenza Artificiale e Blockchain, in una logica più visionaria e innovativa, anche se sembra che l’enfasi derivi più da logiche di marketing che da reali applicazioni. Spesso ciò che si definisce AI o Machine Learning non è che la rilettura di tecniche esistenti da tempo.
Giovanni Miragliotta, direttore dell’Osservatorio commenta “Siamo arrivati alla seconda ondata delle smart technologies, nella quale emergono tecnologie come augmented e virtual reality che si rivelano un ambito ricco di sperimentazioni, con chiare componenti di valore, oppure i cobot, i robot collaborativi, al bivio tra mera automazione di processi a basso payload e un più articolato ridisegno di processi in una logica di vera interazione uomo-macchina. È uno scenario che richiede percorsi articolati, una capacità di innovazione sistemica, oltre a una maggiore accessibilità delle tecnologie stesse”.
Tra le tecnologie maggiormente afferenti all’ambito OT, dunque HMI, Advanced Automation, Additive Manufacturing, e quelle maggiormente correlate al mondo IT, Industrial IoT, Advanced HMI, Cloud Manufacturing, la posta in gioco è su questo secondo fronte. Come osserva Miragliotta “Negli ultimi due anni abbiamo assistito a un consolidamento della traiettoria tecnologica delle piattaforme di Industrial IoT e si nota una maggiore chiarezza nelle strategie dei grandi layer, con un progressivo spostamento verso la componente software, così come ha preso maggiore concretezza il collegamento del dato in piattaforma verso altri ambienti applicativi, in una logica di digital twin, o il tema dell’interoperabilità”.
Nuove tecnologie per il nuovo manifatturiero – Da Impresa 4.0 a Impresa connessa: un piano d’azione
Più che di Industria 4.0 o di Impresa 4.0, oggi si parla di impresa connessa, un termine che non riguarda più solo il processo produttivo, bensì abbraccia tutte le funzioni aziendali, al di fuori delle mura dei singoli reparti, ma anche al di fuori di una singola azienda, snodandosi lungo tutta la supply chain. In questo caso, non è in gioco la sola dimensione tecnologica, ci sono anche nuovi modelli organizzativi, di business e di servizio: le aziende devono focalizzarsi su più fronti e devono muoversi “in una filiera intelligente e interconnessa”.
In questo scenario, il tema dell’industrial connectivity ha ruolo importante, in quanto consente la raccolta di dati da punti diversi della filiera: linee di imballaggio, linee di produzione, linee di approvvigionamento. Bisogna tenere presente però che oltre la metà dei dati generati e raccolti appartiene alla categoria dei cosiddetti “dark data”: dati non sfruttati che creano sono complessità e costi. Di conseguenza, diventa rilevante il concetto di data integration: senza una fase di allineamento dei dati provenienti da tutte le fonti non è possibile arrivare a quei livelli di predicibilità che servono.
Non c’è Industria 4.0 senza una costante attenzione alla sicurezza
C’è un tema che, a prescindere dalla tipologia di azienda o di stadi di avanzamento del percorso, non può essere trascurato: la Security. Giorgia Dragoni, dell’Osservatorio Information Security & Privacy del Politecnico di Milano, analizza il tema prendendo a riferimenti i dati del Clusit. Nel 2018, 1.552 attacchi hanno causato perdita di reputazione o di business per le aziende che li hanno subiti; i casi di attacco a infrastrutture critiche sono cresciuti del 43 per cento. Lo spettro degli attacchi è quantomai ampio e va dal phishing, al ransomware fino agli attacchi mirati alle vulnerabilità OT, o a quelli che prendono di mira specifiche aziende.
Il tema dell’OT security solleva diverse criticità: la scarsa consapevolezza dei rischi effettivi, le vulnerabilità correlate all’interconnessione tra IT e OT, funzioni non progettate per esserlo, la differenza tra i cicli di vita dei sistemi IT, generalmente molto brevi, e dei sistemi OT, molto più lunghi, passando dal fenomeno della consumerizzazione del mondo OT all’ingresso nel perimetro aziendale di dispositivi non pensati per il mondo industriale, con conseguente aumento della superficie d’attacco.
Verso i prodotti connessi
Negli ultimi anni abbiamo assistito a una crescente attenzione e alla crescente diffusione di prodotti connessi. Un prodotto Smart oltre a componenti meccaniche e/o elettriche, comprende una buona parte di digitale e vede la combinazione di sensori, microprocessori, capacità di elaborazione e archiviazione dei dati, strati software e capacità di connettività. Un prodotto completamente diverso che può “fare molte più cose”. Aggiungendo alla componente fisica tradizionale, la capacità elaborativa (la componente intelligente) e la capacità di connessione (integrazione con altri prodotti, ambienti, persone) si genera il “potenziale di cambiamento”.
Da qui, per le imprese nasce la possibilità di ripensare le proprie value chains, di analizzare in modo profondo il proprio modello di business e riflettere sui possibili modelli di relazione con i clienti e di business. La grande domanda riguarda il modo in cui il prodotto connesso e intelligente può cambiare il modo di creare valore e come questo nuovo valore può essere messo in relazione o a disposizione di clienti e partner.
Dal prodotto al servizio: la servitization
I prodotti intelligenti e connessi sono in grado di modificare lo scenario competitivo e la struttura di molti mercati, contribuendo a spostare l’attenzione dal tema del pricing e delle caratteristiche di un prodotto al tema delle funzionalità e delle performance che esprime. Grazie alla più precisa conoscenza dei clienti, le imprese possono personalizzare non solo il prodotto ma anche il suo prezzo e contare su una valorizzazione economica legata all’utilizzo del prodotto.
Questo scenario porta alla riduzione del bisogno di possesso dei prodotti e a un aumento dei servizi nei quali rientrano tipologie di tipo “product as a service” e dove aziende o consumatori finali pagano solo per il tipo e la quota di utilizzo che effettivamente sfruttano di un prodotto. Nella prospettiva di fornire il prodotto come servizio, le imprese possono permettere ai produttori di sviluppare nuovi modelli di business e aumentare la capacità di offerta presso i clienti, ad esempio aggiungendo servizi di consulenza o di ottimizzazione su altre aree di prodotto. Allo stesso tempo, l’azienda cliente del “product as a service” può attuare nuove modalità di acquisto e organizzare il proprio lavoro (la propria produzione o la propria erogazione di servizi) con una programmazione di acquisti di beni e servizi più vicina e precisa sulle esigenze dei propri clienti e dunque sulla sua reale capacità di vendita.
I connected product permettono non solo di ridefinire le regole di un mercato ma consentono di abbattere le barriere tradizionali che limitano il campo d’azione di determinate imprese che possono così portare le competenze maturate al servizio di altre esigenze e di altri clienti. Il prodotto che diventa servizio può trovarsi a competere con prodotti o servizi di altre aziende che un tempo non erano nemmeno considerate e l’azienda può trovarsi nella condizione di entrare facilmente in mercati che non necessitavano del suo prodotto, ma che trovano utile e prezioso il servizio erogato con quel prodotto.
Nuove tecnologie per i prodotti connessi e l’analisi dei dati
I prodotti intelligenti contribuiscono a far crescere la domanda di infrastrutture di connettività e di tecnologie abilitanti: hardware, sistemi operativi per la gestione dei device, sistemi di connettività, reti di comunicazione dedicate, soluzioni e applicativi in Cloud per la gestione di servizi innovativi, capacità di Big data e Data Analytics collegate ai data-device e disegnate per realizzare i nuovi servizi e per sostenerli nei processi di innovazione e di conoscenza, ad esempio del comportamento degli utenti. Prospettive che fanno emergere anche esigenze nuove la cui importanza è proporzionale al valore e alla criticità dei servizi offerti come ad esempio la sicurezza, la privacy dei dati e la gestione delle identità delle cose ovvero dell’Internet of things.
Grazie alla crescente disponibilità di dati e all’utilizzo di tecnologie consolidate e mature come queste nei progetti di service transformation, le possibilità di sviluppo del business cambiano.
La servitizzazione si sviluppa partendo in verticale, dai servizi base, come l’installazione del prodotto, le manutenzioni reattive verso servizi intermedi che facilitano il controllo del funzionamento del prodotto, per arrivare a servizi avanzati che incidono sempre più sulla catena del valore del cliente, come ad esempio a livello di consulenza, per arrivare poi allo sviluppo di modelli di business in modalità pay per use.
Gestire modelli di business orientati al servizio: una nuova filiera del valore
L’innovazione digitale applicata ai servizi o al rapporto prodotto-servizio ha un impatto sempre più diretto in termini di evoluzione dei modelli di business il che consente alle imprese di sperimentare e individuare nuovi vantaggi competitivi.
Con la digital transformation si identifica l’introduzione nelle organizzazioni di soluzioni legate all’automazione, ai Big Data, agli analytics, all’IoT, all’Intelligenza artificiale e, ancora, alla Blockchain. Ma bisogna focalizzare l’attenzione sul come queste tecnologie vanno utilizzate per produrre valore in un ecosistema industriale, superando le tematiche tradizionali legate alla “semplice” lettura del valore tecnologico dell’innovazione. Il business model a sua volta non deve essere letto solo in chiave di “quanto si guadagna”, ma piuttosto sul come si crea, cattura e diffonde valore. Sono questi i tre asset che portano alla vera profitability, ovvero a una capacità di generale valore nel tempo. Il cliente in tutto questo è il vero centro con i suoi bisogni e le sue esigenze e con la sua capacità e necessità di evolvere nel tempo.
Industrial Communication Networks: il sistema nervoso dell’Industria 4.0
Smart manufacturing e Industry 4.0 sono approcci che si possono definire compiuti solo nel momento in cui tutta l’azienda è innervata da sensori, touch point e sistemi di connettività che mettono in comunicazione gli impianti produttivi con le piattaforme che rappresentano il cuore e il cervello dell’organizzazione: ERP (Enterprise Resource Planning), CRM (Customer Relationship Management) e BI (Business Intelligence). Ma far convergere in maniera corretta le reti su cui comunicano i macchinari e l’infrastruttura IT dell’impresa non è sufficiente ad implementare correttamente l’Industrial IoT (l’Internet delle cose applicato al mondo industriale).
Anche dotandosi di un software di network monitoring efficace, in grado di verificare lo stato di salute e di efficienza della rete sotto qualsiasi carico di lavoro, la convergenza tra OT (Operational Technology) e IT (Information Technology), molto diffuso nelle prime pionieristiche fasi di trasformazione dello Smart Manufacturing, non è sufficiente in sé a garantire la business continuity, le performance e la sicurezza di cui ha bisogno una realtà industriale. La maggior parte delle aziende deve fare i conti con la stratificazione di piattaforme implementate nel tempo con diversi vendor, e nonostante l’adozione di protocolli di comunicazione standard, c’è il rischio che si creino rallentamenti per difformità strutturali, senza contare le falle che contraddistinguono qualsiasi sistema che non sia stato concepito nativamente con una logica security-by-design.
Quello che occorre è un Backbone realizzato con prodotti di rete industriali, ovvero una soluzione ad hoc che funga da spina dorsale per tutti i servizi di connettività, monitoraggio e sicurezza delle reti su cui poggiano i progetti sviluppati in chiave Industry 4.0. In un percorso verso la fabbrica connessa, le reti industriali sono indispensabili, sono come il sistema nervoso centrale del corpo umano. Superando il modello della convergenza tra mondo IT e OT, oggi le aziende possono costruire reti più efficienti, sicure e soprattutto a prova di futuro. Le reti di ultima generazione offrono alle imprese manifatturiere un approccio flessibile, perfetto per garantire l’interoperabilità tra i sistemi, anche a cavallo di partnership industriali e tecnologiche, sempre più strategiche per riuscire a operare nell’arena competitiva globale puntando sulla collaborazione tra reti aziendali e di fabbrica ma senza compromessi sul fronte della sicurezza.
IT e OT per l’Industrial IoT: dalla covergenza alla collaborazione
Collegare tra loro network sviluppati in tempi e modalità differenti, ma soprattutto per fini diversi a un’infrastruttura verticale deputata a raccoglierne ed elaborare i dati è una strategia inefficiente. Il risultato finale sarà una rete composta da sotto-reti non ottimizzate che creeranno agglomerati informativi, impedendo il raggiungimento di una digitalizzazione compiuta dell’intera organizzazione. Senza considerare che un’infrastruttura priva di una strategia unificata per la network security presta il fianco a vulnerabilità che possono essere sfruttate da soggetti esterni per sferrare cyber attacchi. Dai quali potrebbero conseguire furti di dati e azioni DoS (Denial of Service) che causerebbero incalcolabili danni alle linee di produzione della fabbrica o alla qualità del prodotto finito.
Ma il motivo principale per cui oggi occorrono nuovi approcci alle comunicazioni in fabbrica è un altro. Nel mondo delle macchine ritardi di pochi millisecondi possono risultare fatali. Di conseguenza, utilizzare nel settore OT metodiche simili a quelle adottate per l’IT, accomunando le due dimensioni rispetto alle capacità di rete, significa uniformare flussi di dati che hanno in realtà esigenze diverse. Se in presenza di una congestione del network, l’e-mail o un’applicazione gestionale offrono una user experience rallentata per qualche istante, il fatto potrebbe passare inosservato. E, in ogni caso, la mancata occasionale sincronizzazione di qualche file difficilmente avrà conseguenze pesanti sull’attività quotidiana e men che meno sui risultati di business. In ambito OT, invece, è sufficiente una paralisi di pochi millisecondi o la perdita di un pacchetto anche minimo di informazioni per scatenare un blocco macchine, un errore di produzione o situazioni che mettano a repentaglio la salute degli operatori, per non parlare dei costi collegati a eventualità del genere.
Le reti industriali dirigono l’orchestra del 4.0
Le reti industriali supportano l’Industry 4.0 colmando le lacune dell’adozione di un approccio basato sulla convergenza tra IT e OT e sostituendo la pratica della sovrapposizione con il principio di collaborazione tra i due tipi di risorse. Le Industrial Communication Networks fungono da spina dorsale per tutte le reti installate in azienda, omogeneizzandone la comunicazione, pur assegnando precise gerarchie e priorità alle applicazioni e ai flussi di dati mission critical. Quando si parla di questo tipo di architetture, il concetto chiave non è convergenza, bensì collaborazione. Convergenza significa compromesso, tendenzialmente trovato al ribasso, tra il mondo Information Technology e quello Operational Technology. Collaborazione invece vuol dire mettere a fattor comune le prerogative e le necessità di entrambi i mondi, unendo le forze per risolvere le rispettive criticità e scatenando un valore maggiore di quello ottenibile dalla loro semplice sommatoria.
Conferendo massima trasparenza e flessibilità all’infrastruttura, le soluzioni che compongono una rete industriale permettono agli ambienti IT e OT di svilupparsi in maniera allineata, ma autonoma, dinamica, favorendo la collaborazione e la condivisione del know how maturato sui rispettivi campi d’azione. E soprattutto consentono all’impresa di conseguire una effettiva, totale digitalizzazione delle attività. Ciò apre scenari ancora tutti da esplorare, a partire dalla possibilità di dare vita a vere e proprie simulazioni dei processi: questo significa riuscire a intervenire sul digital twin dell’organizzazione per costruire modelli virtuali di massimizzazione dell’efficienza e sperimentarne gli effetti sulla produttività senza la necessità di intervenire sulla struttura fisica.
Sicurezza di fabbrica
Secondo lo studio “Securing the Digital Economy: Reinventing the Internet for Trust”, condotto da Accenure all’inizio del 2019 in 13 Paesi per il 76% dei manager molti aspetti legati alla Cyber security sono sfuggiti al controllo proprio a causa delle tecnologie che stanno abilitano lo Smart manufacturing, come l’Internet of Things (IoT) e ovviamente l’Industrial Internet of Things (IIoT). Risulta necessario uno sforzo congiunto per elaborare strategie di security efficaci perché nessuna organizzazione è in grado di affrontare la complessità di questa sfida autonomamente, senza fare leva su ecosistemi di partner, system integrator e vendor tecnologici specializzati. Ancora una volta appare evidente che l’occorrenza di un ecosistema integrato e virtuoso dove spiccano le conoscenze specialistiche dei singoli player rispetto ad un approccio generalista.
Secondo l’Osservatorio Information Security & Privacy del Politecnico di Milano restringendo il campo all”Industrial Security, la principale sfida da superare nelle aziende riguarda la mancanza di consapevolezza sulle problematiche di sicurezza da parte delle funzioni Operations (56%). Molto sentito anche il tema dell’interconnessione sempre maggiore tra gli impianti industriali (OT) e l’infrastruttura IT (55%), l’obsolescenza degli impianti industriali (40%) e l’assenza di figure con adeguate competenze (37%).
La visione di Cisco
Su tutti questi aspetti del manufacturing Cisco è presente con proprie proposition sia nell’ambito della Connected Factory, sia in quello dei Connected Products, sia ancora nelle reti industriali e nella sicurezza di fabbrica.