Come succede quando c’è una tecnologia di cui si parla molto ma che non tutti conoscono nei particolari, quando si parla di blockchain si assiste a una serie di definizioni e di osservazioni che non hanno niente a che vedere con la realtà. In un post sul blog di Cisco, Maciej Kranz, vice president corporate technology group della multinazionale, elenca cinque “falsi miti” in questo campo, fornendo ai lettori gli elementi per capire meglio d dove nascano le “bufale” sulla distributed ledger technology e quali siano in realtà le definizioni più aderenti alla realtà.
A partire dal ruolo dell’IoT, che per ottenere risultati più importanti ha bisogno – sostiene Kranz nel suo articolo, pubblicato anche da Ciodive – l’Internet of things deve essere combinato con altre tecnologie emergenti come l’intelligenza artificiale, il machine learning, il fog computing e di sicuro anche la blockchain.
“Spiegato nei termini più semplici – sottolinea – la blockchain è la tecnologia alla base della distributed ledger, e consente a un certo numero condiviso di sistemi di calcolo di certificare che una transazione avvenuta tra due parti sia autentica. Dal momento che è estremamente difficile alterare un’informazione all’interno di questa catena senza che questo mutamento sia visibile da altri anelli che ne fanno parte, tutte le parti in causa possono essere d’accordo su una singola versione della verità in una transazione.
Partendo da questa definizione il manager snocciola i cinque punti su cui fare chiarezza.
Non ci sono punti di contatto tra la blockchain e l’ioT
Quest’affermazione è falsa, dal momento che la blockchain può essere considerata come l’anello mancante per progetti nell’internet of things veramente innovativi. La blockchain è infatti una delle quattro tecnologie che possono essere combinate per creare un vero valore aggiunto in questo campo. “In un’impresa i dati dell’IoT spesso attraversano i confini aziendali e gli ecosistemi dei partner – spiega Kranz – e la sfida è di mantenere questi dati accurati, affidabili e sicuri. E’ inoltre difficile combinare questo genere di informazioni, soprattutto quando provengono da fonti diverse. L’uso della blockchain può portare sicurezza e trasparenza a quelle transazioni decentralizzate, in modo che tutte le parti che si trovano di fronte a una singola fonte di verità possano prendere in base a questo decisioni di business più consapevoli.
La blockchain è uguale al Bitcoin
Anche questa affermazione non risponde a verità. Ciò che è corretto è che la blockchain è utilizzata nella contabilità e nella registrazione dei bitcoin. E’ vero che sono state le criptovalute a far emergere la tecnologia della distributed ledger, e da qui si è generata confusione. “Per chiarezza – prosegue Kranz – i bitcoin e le altre criptovalute sono soltanto una delle molte applicazioni che possono utilizzare una piattaforma software basata sulla blockchain. D’altra parte ci sono molte altre applicazioni per la blockchain al di là delle criptovalute, compresi diversi use case nella supply chain e nell’healthcare”.
Tutte le reti blockchain sono pubbliche e anonime
Anche questo non è vero. Infatti esistono diversi tipi di reti basate sulla blockchain, sia pubbliche sia private. Due le principali: quelle pubbliche che non hanno bisogno di nessun tipo di autorizzazione, e quelle private che hanno bisogno di autorizzazioni. Le prime, come quelle usare per le criptovalute, consentono ai singoli di rimanere anonimi quando tracciano le transazioni. D’altro canto però le grandi imprese sono più propense a usare reti private, che consentono soltanto a entità autorizzate, come fornitori, clienti o altri partner di partecipare, mentre la compagnia utilizza protocolli specifici per verificare e assemblare ogni blockchain. Questo genere di network offre in più il vantaggio per l’azienda di poter controllare accuratamente chi può accedere alla rete e ai dati conservati nella blockchain.
La blockhain non può essere danneggiata
Falso: la blockchain è sicura quanto lo è l’anello più debole della sua catena. Se da una parte è vero che è pressoché impossibile modificare i dati una volta che sono scritti su una blockchain, e che è estremamente difficile per chi non è autorizzato accedere queste informazioni, questo dipende principalmente dalla qualità dell’architettura di sicurezza. “I partecipanti – sottolinea l’esperto – devono essere in grado di assicurare che i dati e le transazioni che inseriscono nell’ecosistema possano contare sui controlli di sicurezza appropriati: se un singolo punto viene violato, l’intera catena può risultarne compromessa. Per questo la sicurezza end-to-end in questi casi è un must”.
La blockchain può essere applicata soltanto ai prodotti dei servizi finanziari
Anche questo non è vero, dal momento che la blockchain può contare su casi d’uso in molti comparti. “Nonostante si parli molto della blockchain quando è applicata al mondo della finanza – prosegue Kranz – le applicazioni di questa tecnologia son oggi molto più ampie. Ad esempio le supply chain possono utilizzare la blockchain per monitorare e tracciare i beni, per scoraggiare la loro contraffazione e per ottimizzare la loro gestione, utilizzando una private blockchain per identificare ogni singolo prodotto o una parte di esso, tracciandone la provenienza, il percorso di custodia e i trasferimenti di proprietà. Nel mondo dell’healthcare – conclude – la blockchain può inoltre essere utilizzata per gestire i dati sanitari digitali: ad esempio i medici possono chiedere l’autorizzazione ai pazienti di consultare la loro cartella sanitaria, e possono aggiungere gli esami da loro effettuati a completare la cartella clinica, rendendoli disponibili ad altri professionisti che abbiano in cura lo stesso paziente”.