Da un lato c’è la Componente 2 della Missione 1, un’espressione da film di fantascienza che in realtà nasconde qualcosa di molto concreto: 24,3 miliardi di euro pronti a dare ossigeno al sistema produttivo. Dall’altro c’è il Piano Transizione 4.0, che sulla legacy del vecchio “Industria 4.0” mette sul piatto altri 18,45 miliardi di euro. Per il governo Draghi non c’è dubbio: una tale dotazione di risorse può fare la differenza, imprimendo finalmente la svolta davanti all’arretratezza digital del nostro Paese e alla perdita di produttività registrata negli ultimi anni.
Se oggi, a pandemia (parzialmente) superata e in piena necessità di ripresa, il sistema industriale italiano può considerare “più realistici” gli obiettivi di trasformazione digitale dei processi produttivi, innovazione e investimento in beni immateriali, il merito è certamente di questi fondi, messi in campo dall’esecutivo nell’ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR). Un pacchetto da 221 miliardi di euro complessivi, dei quali 191,5 miliardi provengono da NGEU, ripartiti tra sussidi veri e propri (sono 68,9 miliardi erogati a fondo perduto) e prestiti a basso tasso di interesse, e 30,6 miliardi del Fondo Complementare, vale a dire risorse definite con lo scostamento di bilancio votato il 27 aprile scorso, che vanno a integrare il Piano Transizione 4.0. Tutte da utilizzare entro i prossimi 5 anni, vale a dire entro il 2026.
Focus sul sistema industriale
Nel quadro, il sistema industriale riveste un ruolo di primaria importanza. Delle sue prospettive di trasformazione, infatti, si occupa la cosiddetta Missione 1 del PNRR: dotazione da 40,73 miliardi di euro che, nella Componente 2, parla di “Digitalizzazione, Innovazione e Competitività” come target da raggiungere grazie ai già citati 24,30 miliardi di euro e a “interventi mirati e complementari atti a rafforzare il tasso di digitalizzazione, innovazione tecnologica e internazionalizzazione” del sistema produttivo.
A tutto questo si affiancano poi ulteriori 5,88 miliardi, provenienti dal Fondo Complementare, che confluiscono nel Piano Transizione 4.0, oggi elevato a un valore di 18,45 miliardi di euro.
Le linee guida
Per raggiungere il suo obiettivo, ovvero “promuovere l’innovazione e la digitalizzazione del sistema produttivo”, la Componente 2 della Missione 1 prevede la realizzazione di un insieme di interventi, strutturati secondo quattro linee guida:
- Favorire la transizione digitale e l’innovazione del sistema produttivo incentivando gli investimenti in tecnologie avanzate, ricerca e innovazione;
- Realizzare investimenti per le connessioni ultraveloci in fibra ottica 5G;
- Rafforzare la partecipazione allo sviluppo dell’economia dello spazio e i sistemi di osservazione della Terra per il monitoraggio dei territori;
- Promuovere lo sviluppo e la competitività delle imprese italiane anche sui mercati internazionali, anche attraverso strumenti finanziari innovativi.
La prima Missione, in sostanza, introduce gli aspetti di innovazione e rilancio, relativi al mondo del digital, sia per l’ambito pubblico sia per quello privato. In questo contesto, viene proposta la cosiddetta “Transizione 4.0”, che consiste in un piano di incentivi attuati attraverso Crediti di Imposta. Più nello specifico, si precisa che “il nuovo piano per la Transizione 4.0 rafforza il tasso d’innovazione del tessuto industriale e imprenditoriale del Paese e incentiva gli investimenti in tecnologie all’avanguardia; in ricerca, sviluppo e innovazione; e in competenze digitali e manageriali”.
Proprio al piano Transizione 4.0 spetta la parte più corposa del fondo previsto per la Componente 2. Seguono le reti ultraveloci (6,31 miliardi), quindi le Politiche industriali di filiera e internazionalizzazione (1,95 miliardi), le tecnologie satellitari ed economia spaziale (1,29 miliardi), gli Investimenti ad alto contenuto tecnologico (0,75 miliardi) e la Riforma del sistema della proprietà industriale (0,03 miliardi).
Nella sua articolazione, la componente riconosce l’effetto positivo delle politiche di incentivazione fiscale già in essere e studiate “per colmare il gap di “digital intensity” del nostro sistema produttivo verso il resto d’Europa” e si propone di dare “nuovo impulso alla transizione digitale delle imprese e al tasso d’innovazione del tessuto industriale e imprenditoriale del Paese […]incentivando gli investimenti in tecnologie all’avanguardia così come in ricerca, sviluppo e innovazione”.
Ma entriamo nel dettaglio delle varie voci.
Il Piano Transizione 4.0
Il Piano Transizione 4.0, che viene presentato dal Governo come un’evoluzione del precedente Piano Industria 4.0, prevede misure di incentivazione fiscale finalizzate alla promozione della trasformazione digitale dei processi produttivi e l’investimento in beni immateriali nella fase di ripresa post-pandemica. La ratio è che l’aumento di produttività e la maggiore efficienza conseguiti dalle imprese beneficiarie contribuiranno ad aumentare la competitività e la sostenibilità delle filiere produttive in cui queste sono integrate, con positive ricadute sull’occupazione.
Rispetto al piano primigenio del 2017, con Transizione 4.0 si allarga la platea dei potenziali beneficiari sostituendo l’iperammortamento con crediti fiscali di entità variabile, compensabili con altri debiti fiscali e contributivi.
I crediti vengono riconosciuti in relazione agli investimenti effettuati nel biennio 2021-2022, si estendono gli investimenti immateriali agevolabili e aumentano le percentuali di credito e dell’ammontare massimo di investimenti incentivati.
In particolare, si riconoscono tre tipologie di crediti di imposta alle imprese che investono in beni capitali (vale a dire beni materiali e immateriali direttamente connessi alla trasformazione digitale dei processi produttivi e i beni immateriali di natura diversa, ma strumentali all’attività dell’impresa), ricerca, sviluppo e innovazione e attività di formazione alla digitalizzazione e di sviluppo delle relative competenze.
In particolare, per quanto riguarda la formazione nel Piano si precisa che “verrà elaborato e sperimentato un modello di riqualificazione manageriale, focalizzato sulle PMI” e che, nell’ottica dell’upskilling digitale come strumento di formazione continua per i lavoratori in cassa integrazione, verranno sperimentati programmi di training ad hoc, di cui usufruire appunto con flessibilità nei periodi di cassa integrazione.
Gli investimenti ad alto contenuto tecnologico
In questo caso parliamo di un fondo più esiguo (0,75 miliardi), ma complementare al precedente. È una linea di intervento che serve a sostenere gli investimenti in macchinari, impianti e attrezzature per produzioni di avanguardia tecnologica con una contribuzione pari al 40 percento dell’ammontare complessivo delle spese ammesse.
Le reti ultraveloci
Importanti gli interventi previsti sul fronte delle reti ultraveloci.
Il quadro di riferimento per il PNRR è il Digital Compass, ovvero la “bussola per il digitale” stabilita dall’Unione Europea, in base al quale entro il 2030 deve essere garantita una connettività a 1 Gbps per tutti e la piena copertura 5G delle aree popolate.
Con questa iniziativa, l’Italia intende accelerare i tempi, raggiungendo gli obiettivi nel 2026 e realizzando concretamente una Gigabit society, grazie anche un “percorso di semplificazione dei processi autorizzativi che riconosce le infrastrutture per la cablatura in fibra ottica e per la copertura 5G come strategiche, velocizzandone così la diffusione sul territorio”.
In questo caso, gli interventi non guardano solo al mondo delle imprese, ma toccano famiglie, scuole, sanità, servizi pubblici, aree grigie e nere, aree a fallimento di mercato. E’ comunque chiaro come dalla disponibilità di reti ad alta velocità e di connettività 5G dipenda l’abilitazione di molti servizi innovativi per il mondo manifatturiero. Soprattutto, va sottolineato come questi interventi siano aggiuntivi rispetto alle concessioni già approvate nelle aree bianche (o con bandi 5G). Sono previsti interventi sulla domanda di connettività di famiglie e imprese, “monitorando attentamente il Piano Voucher in corso al fine di aggiornarlo e, se necessario, potenziarlo per massimizzare l’impatto del sussidio pubblico erogato”.
Le tecnologie satellitari
Gli investimenti in questo ambito sono la risposta al convincimento ormai consolidato del ruolo di attività strategica per lo sviluppo economico delle tecnologie satellitari e spaziali. Si declinano secondo diverse linee d’azione: SatCom, Osservazione della Terra, Space Factory, Accesso allo Spazio, In-Orbit Economy, Downstream.
Le filiere produttive
L’ultimo punto della Componente 2 della Missione 1 del PNRR riguarda le politiche industriali di filiera e l’internazionalizzazione.
Una prima area di intervento è rappresentata dal rifinanziamento e dalla ridefinizione del Fondo 394/81 gestito da SIMEST, la società del Gruppo Cassa depositi e prestiti che dal 1991 sostiene la crescita delle imprese italiane attraverso l’internazionalizzazione della loro attività.
Il focus è sulle piccole e medie imprese e l’obiettivo è quello di sostenerne l’internazionalizzazione e favorirne lo sviluppo della competitività, in termini di innovazione e sostenibilità, che hanno ricadute positive per un loro posizionamento sui mercati internazionali. Sempre con un punto di attenzione specifico sulle piccole e medie imprese, nel PNRR si parla anche di sostegno alle filiere produttive, con finanziamenti per sostenere gli investimenti innovativi e i progetti di filiera, con particolare attenzione alle regioni del Mezzogiorno.
La proprietà intellettuale
Un ultimo punto, infine, riguarda la riforma della proprietà industriale, considerata un “elemento fondamentale per proteggere idee, attività lavorative e processi generati dall’innovazione e assicurare un vantaggio competitivo a coloro che li hanno generati”.
Il cronoprogramma prevede che entro la prima metà del prossimo anno 30.000 imprese beneficino del Piano Transizione 4.0 e che i decreti attuativi per le politiche industriali di filiera e per l’internazionalizzazione siano promulgati entro la seconda metà dell’anno in corso.